venerdì 14 agosto 2009

LORDS E PROSTITUTE




I generi letterari si basano su degli stereotipi ed il Romance non fa eccezione. Sono in molti a sostenere che questo sia un sotto-genere, in cui tanto i personaggi quanto le ambientazioni manchino di spessore e di una qualsivoglia aderenza alla realtà. Prendiamo un clichè molto diffuso nel Romance ma anche nella Letteratura con la L maiuscola: il gentiluomo e la prostituta. Senza scomodare Dumas figlio o Giuseppe Verdi, sono molti gli esempi di storie basate su una tale coppia. Proprio l'anno scorso nella collana dei romanzi Mondadori è stato pubblicato il pregevole “Il cuore di una cortigiana” di Anna Campbell e per la serie oro “ Un romantico equivoco” di Betina Krahn. Lo spessore dei due libri è certamente diverso, la Campbell perlomeno si impegna nella costruzione di personaggi credibili, mentre la Krahn rimane sull'estrema leggerezza, al limite dell'inconsistenza, quello che li accomuna è una visione totalmente falsata dei rapporti fra i sessi e tra le categorie sociali, che evidentemente è però molto cara agli scrittori/ici ed anche ai lettori/ici. A quanto pare le lettrici non solo non protestano, ma a quanto pare si “bevono” una tal sequela di assurdità. Verrebbe da chiedersi come mai; in alcuni casi certamente una non conoscenza del periodo storico può servire da giustificazione, in altri il considerare il Romance come pura evasione.
Per chi volesse farsi un'idea di come andavano (ed in molti paesi ancora vanno) le cose, suggerisco la lettura di due titoli recenti e facilmente reperibili: Michel Faber
"Il petalo cremisi ed il bianco” (Einaudi) e Belinda Starling "La rilegatrice di libri proibiti” (Neri Pozza). Il primo è un capolavoro, anche se molti non sono riusciti ad apprezzarlo a causa della lunghezza, 985 pagine, ed ha per protagonista principale, tra i molti altri, Sugar, giovane e richiestissima prostituta che cerca, di districarsi in una esistenza terribile e senza futuro apparente. Sulla sua strada incontrerà William Rackham, giovane e ricco gentiluomo che ha bisogno di legittimarsi nella sua virilità attraverso un rapporto mercenario privilegiato e che non pensa minimamente a sconvolgere la propria vita per lei. Il suo matrimonio con la bellissima debuttante Agnes è uguale a quello di tanti altri del medesimo ceto e della medesima epoca: una noiosa ma rassicurante routine per lui, un' angosciante e ripetitivo inferno domestico per lei.
“La rilegatrice di libri proibiti” invece narra la difficile lotta per la sopravvivenza ed i compromessi morali necessari per farlo, (operare su testi ed immagini pornografiche, cedere ai ricatti degli usurai, lavorare con degli schiavi) della moglie di un rilegatore Dora, che si vede costretta a sostituirlo, quando questi diventa invalido, all'insaputa di tutti perchè all'epoca non era accettabile che una donna piccolo borghese lavorasse e per di più svolgesse una professione da uomo. Dora affronterà lotte impari e perderà ogni sicurezza psicologica e materiale prima della fine delle sue traversie. Entrambi i romanzi sono ambientati nella Londra vittoriana ad una decina di anni di distanza, lo stesso set di moltissimi romanzi rosa, ma qui si vede la miseria, si sente quasi la puzza di una città piena di poveri e mendicanti, dove la condizione della donna è comunque quella di un essere inferiore, senza diritti se indigente, con pochissimi se ricca, non degna di stima né di rispetto se non in quanto fattrice, costretta comunque a vendersi ad un marito o ad un amante, per il quale non è né più né meno che un oggetto od un pezzo di carne da usare a proprio piacimento. Non ci sono cavalieri immacolati e coraggiosi che si struggono per la cortigiana di turno, bensì maschi affamati che necessitano di sfogare la loro libidine e prostitute che di certo il cuore non l'hanno d'oro, bensì duro come un diamante per aver vissuto e sopportato anni di orrore.
Allora è forse vero che le lettrici di Romance non hanno senso critico o che preferiscono credere in un modo irrealistico dove gli uomini e le donne sono infinitamente più perfetti o semplicemente bidimensionali? Il successo che films come Pretty Woman continuano a riscuotere ad ogni passaggio televisivo sembrerebbe confermare una simile ipotesi, come se il ruolo della donna, nell'immaginario collettivo, si fosse cristallizzato in due sole posizioni: la santa e la peccatrice, a dispetto di una realtà in forte e continuo cambiamento o forse proprio per questo. Le eccezioni storiche ci sono sempre state ovviamente, basti pensare all'imperatore Giustiniano, che fece della ex mantenuta Teodora la sua imperatrice, ma erano appunto eccezioni, è curioso osservare come per qualche misterioso motivo, quella che è stata per gli ultimi 350 anni una costante, ovvero la relazione tra un ricco borghese od un aristocratico ed un'attrice più o meno di grido, questa si conclusasi più volte con un matrimonio, non venga praticamente mai affrontata dalle autrici di Romance. Radicata diffidenza verso una professione sempre considerata sospetta (in fondo come fidarsi di chi per mestiere finge di essere qualcun altro), scarsa voglia o timore di cimentarsi con temi differenti da parte di editori e scrittrici? La Storia è ricca di vicende affascinanti di donne molto più interessanti di Margherita Gauthier/ Violetta Valery, è forse giusto cominciare a scoprirle e farne spunto per splendide storie d'amore.....


martedì 11 agosto 2009

RECENSIONE IO E MARLEY (Marley and Me) 2008







Regia di David Frankel con Owen Wilson (John Grogan), Jennifer Aniston (Jennifer Grogan), Alan Arkin (Arnie Klein), Kathleen Turner (Ms. Kornblut)


John e Jennifer Grogan sono una giovane coppia di sposi piena di entusiasmo ma ancor più di incertezze: sul loro futuro in generale e su quello professionale in particolare, su dove stabilirsi e su quale direzione far prendere al loro rapporto. Se Jennifer ha le idee piuttosto chiare, ovvero vuole una famiglia, John non si sente ancora del tutto adulto né pronto a diventar padre, così accetta immediatamente il suggerimento di un collega, ovvero prendere un cane che tenga occupata Jennifer e le permetta allo stesso tempo di sfogare il suo istinto materno, concedendogli intanto la possibilità di procrastinare una decisione e di abituarsi eventualmente all’idea di una prossima paternità. La scelta cade su uno splendido cucciolo di Labrador Retriver, ribattezzato Marley, che si rivelerà un incrocio tra un terremoto ed un ciclone e che sconvolgerà la loro vita, dapprima nel tentativo di tenerlo a bada ed in seguito come membro fondamentale e cemento della nascente famiglia Grogan. Gli anni passeranno, molti cambiamenti ci saranno ma Marley sarà sempre lì, guardiano, custode, compagno, testimone, amico.

Tre anni fa il libro autobiografico del giornalista John Grogan ottenne un inaspettato e planetario successo, naturale quindi che Hollywood decidesse di farne un film che bissasse quel successo. L’impresa, almeno dal punto di vista economico, sembra riuscita: il film ha incassato moltissimo in America e nei paesi dove è uscito finora, anche se non tutti sembra abbiano capito il meccanismo per cui ciò sia successo. In effetti la pellicola non è certamente un capolavoro e la regia di David Frankel è quella che si definisce una direzione “corretta” ma senza particolari guizzi, al limite del piatto, specialmente quando dopo una prima parte più ritmata e divertente (in cui Marley ne combina mille ed una), la storia rallenta per seguire la vita quotidiana della famiglia Grogan divenendo la cronaca un poco banale di fatti usuali e comuni ai più. Però è proprio in questa mancanza di eccezionalità che sta paradossalmente la forza del film, non le vicende funamboliche od avventurose di personaggi fittizi, ma l’esistenza genuina e scontata di un normale nucleo familiare alle prese con problemi scontati e normali, ma in cui tutti possono riconoscersi, narrati con delicatezza, senza mai alzare i toni o ricorrere ad effettacci di dubbio gusto. Perché ciò che è davvero straordinario, nel suo essere ordinario, è la forza del sentimento che unisce la coppia da sola prima ed in seguito la coppia che cresce e matura aprendosi alla genitorialità, grazie anche a Marley e che impara la forza dell’amore nelle sue varie declinazioni, inclusa quella importantissima tra uomo ed animale, tra padrone e cane.

Certo la sceneggiatura spesso sembra non sapere esattamente che direzione prendere, se quella del film comico, della commedia di costume, del film per famiglie, del dramma contemporaneo e cerca di mischiare un poco di tutto ma senza eccessiva perizia, salvato dalla evidente chimica tra la Aniston e Wilson che rendono concreta e credibile la trama, nonché da un regista che si mette al loro servizio. Jennifer Aniston è gradevole e solida come co-protagonista, ma Owen Wilson è decisamente bravo, in un ruolo dove non può ricorrere ai suoi soliti e facili eccessi comici bensì è costretto, fortunatamente per noi, ad usare una gamma interpretativa decisamente più modulata da commedia che vira al drammatico nel finale. Comprimari di lusso e bravissimi Alan Arkin nel ruolo del capo di Grogan e Kathleen Turner in quello dell’istruttrice cinofila Ms. Kornblut, un delizioso cameo, ed ultimo, anzi ultimi, i cani che impersonano Marley nelle varie età, deliziosi, divertenti, bravissimi, tutt’altro che attori-cani, anzi spesso sono decisamente i migliori in scena!
Un film carino, che intrattiene nonostante qualche lentezza e che si riscatta totalmente in un finale tragico ma molto intenso, che sfida diversi tabù e ci regala alcune scene di puro dolore, che niente hanno a che fare con certe pellicole completamente artefatte per la famiglia.
Chi ha un cane (un Labrador in particolare) o l’ha avuto riderà e piangerà alternativamente, ricordando e rivivendo esperienze note, ma anche chi non ha mai provato quell’amore puro, assoluto, pulito e totale che nasce tra un cane e l’uomo e che non è facile da esprimere o da far comprendere a chi questa conoscenza non l’ha, rimarrà toccato e forse valuterà con occhi diversi le notizie in genere drammatiche, in cui si parla di cani, quasi sempre in chiave negativa. Perché questi numerosissimi compagni ci sono silenziosamente accanto ogni giorno ed in tanti momenti e campi importanti, chiedendo poco e dando moltissimo: sono con gli anziani soli, coi bambini autistici, coi malati terminali, coi ciechi, i sordomuti, coi malati di alcuni tipi di disturbi mentali, coi paraplegici, con la guardia costiera, coi pompieri, con la polizia, con la protezione civile o semplicemente arricchendo inestimabilmente la vita di chi ha la fortuna di accoglierli.
Lavorano per noi, con noi, pronti a dar la vita per un sorriso ed una carezza. John Grogan ha reso un giusto e doveroso omaggio ad una creatura splendida col suo libro, ed anche il film nel suo piccolo, riesce in parte a riprodurre il nocciolo di questo evento speciale, credo che anche noi dovremmo dire una sola parola: grazie.

RECENSIONE SEMPLICEMENTE PERFETTO (Simply Perfect) di Mary Balogh

Prima edizione: 2008 by Dell


Edito in Italia da: Mondadori, I Romanzi Emozioni no.7, agosto 2009


Ambientazione: regency


Grado di sensualità: warm (caldo)


Voto/rating: 9/10


Collegamenti ad altri libri: ultimo romanzo del “Quartetto Simply” (Simply Quartet), ovvero della serie dedicata alle insegnanti della Scuola per Signorine di Miss Martin a Bath. La serie è così composta:
1. RISVEGLIO DI PASSIONI (Simply Unforgettable) – protagonisti Frances Allard e Lucius Marshall, visconte Sinclair

2. SEMPLICEMENTE AMORE (Simply Love) - protagonisti Anne Jewell e Sydnam Butler

3. SEMPLICEMENTE MAGICO (Simply Magic) - protagonisti Susanna Osbourne e Peter Edgeworth, Visconte di Whitleaf

4. SEMPLICEMENTE PERFETTO (Simply Perfect) - protagonisti Claudia Martin e Joseph Fawcitt, marchese di Attingsborough

Joseph Fawcitt, marchese di Attinsborough: bello, nobile, elegante, affascinante, gentile, generoso, seducente, scapolo, futuro duca.
Claudia Martin preside ed insegnante: aspetto mediocre, dura, severa, seria, responsabile, generosa, gentile, coraggiosa, orgogliosa caparbia, zitella trentacinquenne che odia gli aristocratici.
Nulla può esserci di più distante di questi due personaggi.
Lei è una donna abituata alle avversità, che con forza e tenacia si è costruita una carriera ed una vita, fieramente indipendenti e le ha dedicate ad aiutare altre ragazze in difficoltà come lo era stata lei un tempo. Claudia non si concede debolezze e pensa che il matrimonio sia un pessimo destino per buona parte del genere femminile
Lui è uno splendido aristocratico, un perfetto gentiluomo, nato con tutti i privilegi, apparentemente a suo agio nella sua condizione, che ha trascorso una tranquilla esistenza a fare ciò che tutti si aspettavano da lui, né di più né di meno. O quasi. Perché Joseph custodisce un segreto dolce-amaro, un segreto per cui la prospettiva dell’imminente matrimonio, combinato per lui da suo padre, diviene fonte di preoccupazione oltre che non particolarmente appetibile. Ma non si sottrarrà a quelli che considera essere i suoi doveri principali, ovvero sposarsi e generare almeno un erede legittimo. Farà ciò che è giusto, come sempre del resto.
Anche Claudia ha fatto del dovere quasi una religione, ne è sacerdotessa e cultrice al tempo stesso, lo impone agli altri ed a sé stessa per prima, con ben poche deroghe, conducendo ogni giorno una vita accuratamente programmata, piuttosto monotona e molto prevedibile.
Un banale viaggio lì farà incontrare, scontrare, separare ed infine avvicinare quando Joseph si confesserà con Claudia per chiedere il suo aiuto per una questione talmente importante da sconvolgere i loro destini, benché entrambi si oppongano con violenza ad ogni cambiamento dello statu quo. Per paura, per abitudine, per timore di sfidare le convenzioni, per comodità, per aver perso la capacità di sognare. Perché a volte la rassegnazione è ben più facile, così come autopunirsi diviene una consuetudine rassicurante. Ma a volte i germogli più belli riescono a sbocciare in un territorio ostile, così come l’amore arriva dove non lo si cerca e quando non lo si aspetta, se solo si ha il coraggio di guardarlo a viso aperto e di accettarlo. E Claudia e Joseph non si sottrarranno alla sfida.

Che due personaggi simili potessero innamorarsi era per me un’ipotesi inverosimile ma Mary Balogh non solo è riuscita in un compito difficilissimo ed improbabile, ma lo ha fatto regalandoci un libro meraviglioso, commovente, vibrante e toccante. Un romanzo dove si sente letteralmente il silenzio, un silenzio pregno di significati, dove gli sguardi ci parlano, dove la bellezza ci circonda, dove ogni rivolgimento dell’animo dei personaggi ci attraversa il corpo come fossimo loro, dove è impossibile staccarsi dalla trama e dai suoi protagonisti. Un trama semplice, come nello stile dell’autrice, in cui gli accadimenti sono soprattutto interiori e proprio per questo ben più d’effetto che mille colpi di scena. Una storia che va dritta al cuore ed al centro dell’anima, con brani di straordinaria profondità e saggezza, tra i più belli e veri che la Balogh abbia mai scritto e che rientrano a pieno titolo nella letteratura di serie A.


Claudia e Joseph ci appaiono come persone reali, soffriamo con loro, gioiamo con loro, li accompagniamo nella scoperta di loro stessi, dei loro più intimi e inconfessati segreti, del loro desiderio di felicità e della loro sopita ma intensa passione che aspetta sono il giusto detonatore per poter esplodere. Claudia per necessità ed a causa di un grande dolore, ha rinunciato ad essere una donna, per annullarsi nel suo ruolo di insegnante, illudendosi di essere appagata per poter sopravvivere. Joseph non si è mai ribellato alle regole scritte e non del proprio ceto sociale, rinunciando alle emozioni profonde ma anche ad una esistenza degna di questo nome, avviandosi ad appassire come una pianta mal curata. Entrambi, in realtà, desiderano una carezza, un bacio, un po’ di calore, che li faccia sentire desiderati, amati, che li faccia sentire veramente e pienamente vivi. Nella mente, nello spirito e nel corpo. Che li ammanti di luce, che li avvolga come un bozzolo protettivo, che li infiammi. Spesso ciò che bramiamo più famelicamente, è in realtà ciò che ci spaventa di più, e la nostra coppia proprio questo si troverà ad affrontare e sconfiggere: le loro paure, per aver il diritto di volare ed afferrare la contentezza, la soddisfazione, la realizzazione.
Mary Balogh, come da par suo, crea scenari di rara magia, di estrema atmosfera e di totale verità, non vi sono scene sconvolgenti o particolarmente erotiche, eppure leggere di Claudia e Joseph, seduti l’uno a fianco dell’altra, silenti eppure vicinissimi interiormente, è leggere una delle più belle, ben riuscite e penetranti scene d’amore mai scritte in un romance. Questo è l’amore, quello dei piccoli ma importantissimi gesti comuni, quotidiani, ma ricolmi di significati quando compiuti da chi ci ama e che amiamo, un amore non impossibile, pieno di imperfezioni, non facile, ma per cui impegnarci, lottare e patire se necessario.

Un romanzo da consigliare anche a chi non ama questa autrice, che oltre ad intrattenere nutre lo spirito e ci riconcilia con noi stessi.