venerdì 16 ottobre 2009

RECENSIONE NODO DI SANGUE (Guilty Pleasures) di Laurell K. Hamilton


Prima edizione: 1994 by Ace

Edito in Italia da : in hardcover: Casa Editrice Nord, 2003; in economica: Teadue 2005, pp 339

Traduzione di: Alessandro Zabini

Ambientazione: contemporanea, USA

Genere: urban fantasy

Livello di sensualità : warm (caldo)

Voto/rating: 8,5/10

Collegamenti ad altri romanzi: benché questa sia una serie, Vampire Hunter, i libri possono essere letti anche indipendentemente:

1) Guilty Pleasures (Nodo di Sangue 2003)

2) The Laughing Corpse (Resti Mortali 2006)

3) Circus of the Damned (Il Circo dei Dannati 2004)

4) The Lunatic Cafe (Luna Nera 2004)

5) Bloody Bones (Polvere alla Polvere 2005)

6) The Killing Dance (Il Ballo della Morte 2005)

7) Burnt Offerings (Dono di Cenere 2007)

8) Blue Moon (Blue Moon 2008)

9) Obsidian Butterfly (Butterfly 2009)

10) Narcissus in Chains (inedito in Italia)

11) Cerulean Sins (inedito in Italia)

12) Incubus Dreams (inedito in Italia)

13) Danse Macabre (inedito in Italia)

14) The Harlequin (inedito in Italia)

15) Blood Noir (inedito in Italia)

16) Skin Trade (inedito in Italia)


St.Louis, Missouri, pieno midwest, quella che viene chiamata la buona provincia americana, quella sana. Niente di più falso. St.Louis è una città violenta, assetata di sangue e piaceri proibiti, senza freni e con poche regole che non siano quelle della soddisfazione degli istinti e dei desideri più bassi. La morale non è che un abito da cocktail da smettere quando si fa sera, gli scrupoli un inutile retaggio arcano che va nascosto, meglio se eliminato. La morte è dovunque, il tanfo della putrefazione è un odore costante come quello dei gas di scarico delle fabbriche. Il caos, la sopraffazione e lo sfruttamento regnano incontrastati tra l’indifferenza dei più e la connivenza di molti. Sia quelli prodotti dagli umani, che dalle altre creature che popolano questa sordida città: vampiri, oramai usciti allo scoperto con tanto di chiesa della Vita Eterna, lupi e ratti mannari, ritornati, zombie. In un mondo che non crede più in niente se non al guadagno ed al godimento effimero, Anita Blake va dritta per la sua strada, senza guardare in faccia nessuno. Risvegliante di cadaveri per professione, cacciatrice di vampiri per necessità, tanto da essere soprannominata la Sterminatrice, non cede a compromessi e non fa sconti. Ma quando un misterioso, imprendibile e molto forte assassino comincia a fare strage dei vampiri più potenti in città, Anita sarà costretta suo malgrado, attraverso un doppio ricatto mortale, ad aiutare proprio gli odiati vampiri nella ricerca ed eliminazione di questo killer, senza la certezza peraltro di poterne uscire viva. A portarla dritta in trappola lo splendido Jean Claude, vampiro centenario, nonché proprietario del Guilty Pleasure, un club dove gli umani ed i non morti possono abbandonarsi alle proprie perversioni. Ma forse anche lui è vittima di forze più grandi ed occulte…

Nel lontano 1994 Laurell K. Hamilton esordiva con questo memorabile romanzo destinato a divenire il primo di una fortunatissima serie, memorabile per come riusciva abilmente ed in maniera originale a mescolare elementi horror, gotici e splatter in un insieme efficace e coinvolgente e soprattutto per aver creato una indimenticabile e copiatissima eroina: Anita Blake. Se l’avete già conosciuta la amate di sicuro, se ancora non l’avete fatto, l’amerete. Forte e fragile, coraggiosa ed impavida, cinica e sensibile, indifferente e sentimentale, comune eppure eccezionale, una donna piena di contraddizioni, piena di sfaccettature, che attraverso le sue presunte certezze granitiche sta invece cercando sé stessa, che vuol credere che nella vita ci sia un senso e che noi siamo gli artefici del nostro destino. Anche quando compie azioni che nel profondo la fanno ribrezzo, anche quando uccide con mano ferma fingendo di non provare alcun rimorso, anche quando il suo cuore ed il suo corpo la tradiscono desiderando un immondo vampiro.



Non importa che vi piaccia il genere, la Hamilton per quanto non virtuosa nella scrittura come la sua dichiarata maestra Anne Rice, vi terrà avvinti alla pagina fino alla fine del racconto senza cedimenti e tempi morti, in una specie di apnea che non si scioglierà nemmeno a romanzo concluso, lasciandovi anzi un vago desiderio di averne di più. Nonostante la Hamilton proceda per accumulazioni progressive, sovrapponendo appunto vari generi fino all’eccesso (thriller, gotico, fantasy etc.), il risultato è un nuovo universo credibilissimo ed in qualche modo ipnotizzante, perché nonostante gli elementi soprannaturali non si dubita per un istante dei sentimenti e della credibilità di tutti i personaggi. Vi è una malinconia di fondo, un’insoddisfazione, un senso di impotenza che pervadono tutta la storia e che sono molto efficaci ed intensii nella loro evidente sincerità e che fanno accettare quindi anche quello che freddamente si giudicherebbe inaccettabile.



Questa è la forza di Anita Blake e della sua autrice, due figure in cui non è difficile paradossalmente identificarsi, anche se noi non andiamo in giro con una Browning. Però, in qualche modo, i trionfi di Anita, piccola e rotondetta, ben lontana dalla perfezione, sono anche il riscatto delle donne normali che possono immaginarsi eroine senza bisogno di un eroe che le salvi o le difenda, donne che affrontano una vita dura ogni giorno ed in qualche modo riescono sempre a farcela, perché è il loro cuore ad essere speciale.
Certo non è da trascurare il fatto che la scrittrice abbia qui anche creato (e di ciò la ringraziamo infinitamente) quello che è diventato un simbolo di seduzione maschile per eccellenza, il torbido, sensuale, affascinante vampiro Jean- Claude, che rivaleggia con Lestat ed Edward Cullen nell’immaginario femminile, senza avere la presenza angelicata di quest’ultimo, ma essendo molto più carnale. Un vampiro per adulti, come questa è una storia adulta per adulti, piena di chiaroscuri e di cui non vi libererete tanto facilmente una volta chiuso il volume. Non lasciatevela sfuggire.


mercoledì 14 ottobre 2009

LIBERTINI E VERI UOMINI



"In vain have I struggled. It will not do. My feelings will not be repressed. You must allow me to tell you how ardently I admire and love you"

“Invano ho lottato. Ma non è servito. I miei sentimenti non saranno repressi. Dovete permettermi di dirvi quanto ardentemente io vi ammiri e vi ami.”



Per chi non l’avesse riconosciuta, questa è parte della dichiarazione di Mr Darcy ad Elizabeth Bennet in Orgoglio e Pregiudizio, capolavoro della letteratura e modello per tutti i romances. Ma anche paradigma di come una società ed una cultura intendevano la femminilità e la mascolinità. Darcy è certamente un eroe alpha, molto orgoglioso, testardo e volitivo, il cui tratto principale, oltre all’affidabilità, è la capacità di controllo delle sue passioni e dei suoi istinti, requisito indispensabile per essere considerato all’epoca un vero uomo. All’opposto di questo vero uomo c’era il libertino, o meglio il debosciato, poiché questo termine aveva perso col tempo il suo originario significato filosofico, andando ad indicare semplicemente uomini sregolati e viziosi, senza alcuna tempra morale, che suscitavano il biasimo generale. Per uno strano fenomeno di trasmutazione, quest’esemplare è diventato popolarissimo nel ventunesimo secolo ed è protagonista incontrastato di uno sterminato numero di romanzi d’amore.

Con poche eccezioni, sono una moltitudine le donne che sospirano per tipi come Derek Craven (Sognando te), ladro, imbroglione e prostituto, o come Sebastian Ballister (Il lord della seduzione), il “più grande puttaniere di tutta la Cristianità” e come farebbe Jane Austen se fosse viva, anch’io mi domandavo le ragioni di tutto ciò.

I libertini infatti hanno in genere superato ampiamente i trenta anni, non hanno quasi mai avuto una relazione di una qualche importanza e non si sono mai innamorati prima di incontrare l’eroina di turno. Il che ci porta ad alcune considerazioni:
1) uomini che a trent’anni non hanno mai avuto un rapporto duraturo e significativo hanno chiaramente qualcosa che non va, e certamente sono degli immaturi con gravi problemi affettivi, nella vita reale ci terremmo ben lontane da loro

2) uomini così immaturi ed inaffidabili è escluso che mostrino tempra morale e vero carattere

3) uomini abituati all’infedeltà ed a continue e ripetitive avventure, è altamente improbabile che cambino improvvisamente e si trasformino in compagni fedeli, per cui un eventuale matrimonio con uno di loro inizierebbe con le peggiori premesse e quasi certamente farebbe sopportare una montagna di tradimenti

4) uomini adusi alla frequentazione di cortigiane e soprattutto prostitute non saprebbero come soddisfare una donna, poiché lo scopo della prostituzione è proprio questo: pagare per sfogarsi ed appagarsi, non per appagare la propria compagna che non esiste se non in funzione di puro oggetto sessuale, senza volto e senza identità, perfettamente sovrapponibili le une alle altre

5) parimenti alle esigenze fisiche e sessuali delle donne, questi uomini, non avrebbero idea e fondamentalmente alcun desiderio di appagare anche i bisogni sentimentali delle donne, confinate a sole due parti: mogli e madri da una parte, sgualdrine dall’altra

6) la maggior parte di questi libertini a trent’anni, proprio in virtù della loro abitudini, erano affetti dalla sifilide a vari livelli, con cui contagiavano le mogli, ignare vittime, e la loro progenie quando decidevano di maritarsi.

Ciò detto, come mai queste figure godono di un tale successo ai nostri giorni?
Secondo alcuni, le lettrici di romance sono di base molto conservatrici e ed aderenti a modelli tutto sommato patriarcali, per cui associano la potenza e l’attività sessuale all’essenza del vero uomo, così come la donna vergine e piuttosto sottomessa è l’essenza della vera donna. Le lettrici quindi, identificandosi con la protagonista illibata, nel conquistare l’eroe così maschio e concupito, ottengono una doppia vittoria: su tutte le altre donne, su cui si dimostrano superiori, e sugli uomini in generale, visto che loro così inesperte sono riuscite a far impazzire un esemplare di tal fatta. In realtà è una vittoria ben effimera, primo perché ciò non può attenuare il fatto che le donne in quella società non godano di alcun prevalenza e che debbano subire un ordine sociale, morale e giuridico assolutamente ingiusto, secondo perché questo finto trionfo della vergine, mostra assai chiaramente il sogno da parte di queste donne di avere un potere che nella vita reale non hanno affatto.

Per cui, che senso ha morire dietro tipi del genere? Personalmente mi attrae certamente un eroe passionale e sensuale, il che non fa rima con libertino, tra Derek Craven e Sir Ross (L'amante di lady Sophia) io non ho dubbi, preferisco un vero uomo (con tutto che Derek mi piace molto!).Certo l'optimum sarebbe un Jofrè de Peyrac (Angelica), ovvero un eore che racchiude entrambe queste figure maschili, ma ripeto, io mi "accontento" di un Sir Ross o di un Nick Gentry ( Amore ad ogni costo, il quale è lui ad essere vergine all'inizio del libro).