lunedì 19 luglio 2010

RECENSIONE IL MIO NOME E’ PASSION (Passion) di Lisa Valdez

Prima edizione: 2005 by Berkley


Edito in Italia da: Mondadori, I Romanzi Passione no.36, maggio 2010


Ambientazione: Inghilterra 1851 (epoca vittoriana)

Livello di sensualità: burning (estremo)

Voto/rating: 6+/10


Collegamenti ad altri libri: è il primo volume di quello che in origine doveva essere un quartetto, ma è a tutt’oggi solo un duetto così composto: 1. IL MIO NOME È PASSION (Passion ) – protagonisti Passion Elizabeth Dare e Mark Randolph Hawkmore, conte di Langley,


2. Patience – protagonisti Patience Emmalina Dare (sorella di Passion) e Matthew Morgan Hawkmore (fratello di Mark)



La giovane, bellissima e pura vedova Passion, figlia di un parroco di campagna, si trova per un paio di mesi dalla zia zitella a Londra e con lei sta visitando il Crystal Palace quando, a causa di un incidente, si trova tra le braccia di uno sconosciuto. Che le palpa il seno. Passion non protesta e si allontana, ma lui la segue. Dopo qualche sguardo e uno scambio di frasi poco urbane ed alquanto sconvenienti, in mezzo alla folla della mostra, lui le prende la mano per poggiasela sulla patta, che rischia di scoppiare a causa della sua enorme erezione. L’ingenua-in fondo mica poi tanto-Passion capisce al volo (la figlia del curato cresciuta nel timore di Dio …) e invece di ribellarsi, rimanere scandalizzata o perlomeno un poco scioccata da una situazione tanto inusuale e degradante per una donna perbene, in men che non si dica inizia a fare sesso selvaggio con lo sconosciuto dietro un grande paravento. Non importa che siano in mezzo a tanta gente in una sala pubblica, i due ci danno dentro a più non posso e la cosa li eccita a tal punto da ripetere l’impresa per altri due giorni di fila, sempre dietro al paravento, sempre con tanta gente intorno. Hanno il tempo di spogliarsi ed indulgere in tante pratiche: lui può trattarla come una sgualdrina da strada e mostrarle l’incredibile possanza del suo membro (venticinque centimetri signore mie!) di cui va tanto fiero, e lei, che ovviamente va immediatamente in adorazione di un tal fallo, si butta letteralmente in ginocchio e dà prova di essere una fellatrice di razza. Entrambi perdono la ragione: lui ha trovato una che gli fa e si fa fare di tutto, gratis, in luoghi pubblici; lei capisce che era da tutta la vita che aspettava un uomo con tali dimensioni, in grado di soddisfare la sua “fame” e la “sua sete”. Il passo dal sesso all’amore è brevissimo (?) e Passion dopo nemmeno una settimana capisce di amarlo follemente, proprio quando scopre anche che lui è Mark Randolph Hawkmore, conte di Langley fidanzato, benché a causa di un ricatto, con l’amata cugina di secondo grado. Scoppieranno drammi e tragedie prima che i due possano felicemente ricongiungersi, in tutti i sensi.


Erano anni e anni che sentivo parlare di questo libro quindi mi sono accinta a leggerlo con grande curiosità. Già le prime pagine mi hanno lasciata perplessa a causa di una infelice scelta della traduttrice, che fa parlare i protagonisti tra loro dandosi del tu anziché del voi e che usa “ciao” come saluto tra due perfetti estranei. Perplessità che è aumentata ulteriormente per il gergo che Mark usa con Passion, nemmeno fosse una battona da strada e non una signora, e che lei ricambia immediatamente senza imbarazzi o tentennamenti. Però, giunta a pagina quarantaquattro, all’ennesima menzione della vagina affamata e della quantità industriale di seme prodotta dal nostro toro da monta Mark, ho capito tutto: questo era un romanzo comico, così ho potuto continuare la lettura facendomi crasse risate. Chi mi aveva a suo tempo segnalato questo libro era la stessa persona che mi aveva consigliato Menàge di Emma Holly, uno dei miei DIK, purtroppo devo dire che qui siamo proprio su un altro pianeta. Lisa Valdez ha tentato un’operazione rischiosa, che se ben condotta avrebbe avuto risultati notevoli (come nel caso di Oltre l’innocenza della Holly), purtroppo l’eccessiva ambizione, la mancanza di adeguati mezzi espressivi e forse anche una non totale limpidezza da parte della scrittrice hanno invece prodotto risultati modesti. Trasportare di sana pianta linguaggio e situazioni crude dei contemporanei erotici in un romance storico non era facile, ancor più se dopo una prima parte semi porno, nella seconda si gioca la carta del melodramma, quasi più difficile da padroneggiare. Non solo le due parti non si integrano, ma cozzano violentemente tra loro e sembra di avere di fronte un romanzo schizofrenico: prima sesso esagerato senza scopo e linguaggio fin troppo diretto, poi lacrime a fiume, overdose di sentimentalismo e liguaggio fiorito. La prima metà e un florilegio di misure elefantesche, dialoghi da sporcaccioni, penetrazioni da martello pneumatico e orgasmi a pioggia dalla durata pressoché infinita, il che andrebbe anche bene se poi non si passasse repentinamente e incongruamente alla melassa iperomantica. I due protagonisti sembrano due macchiette anziché persone reali, come anche gli altri personaggi: lei la quasi vergine che si rivela ninfomane ed esperta del kamasutra in un battito di ciglia, lui che dovrebbe essere un maschio alpha e si dimostra un bamboccione viziato e debole. A tutti e due l’autrice appiccica una finta e leggerissima patina di sofferenza per giustificare le performances erotiche e la successiva parte drammatica, sfortunatamente risultano piuttosto inconsistenti, come i nostri eroi. In particolare lui è una delle peggiori figure maschili incontrate ultimamente, oltre ad essere debole, rabbioso e con un complesso di Edipo grande come una casa, è l’uomo che dice le cose più sbagliate nei momenti più sbagliati: mentre penetra Passion forsennatamente le dice che vuole diventare come i suoi polmoni e il suo fegato! Meno male che non sono descritti rapporti anali altrimenti che le avrebbe urlato: sì, sì, ancora, dai che sono arrivato al colon e raggiungo l’intestino tenue? Il libro non mi ha convinta, però tutto sommato è stata una lettura divertente e mi piace quando pubblicano libri controversi, tuttavia quello che mi secca è la sensazione nettissima che la Valdez abbia effettuato una furba operazione commerciale al preciso scopo di creare scalpore, tanto le lettrici di romance si comprano con poco: basta inserire qualche frase sull’amore eterno dopo una scorpacciata di sesso e il gioco è fatto. Non mi pare molto rispettoso del pubblico, così se accetto tranquillamente che si chiamino i genitali coi loro nomi non scientifici, però non mi piace che si usi il Vangelo per nobilitare una sveltina e si sovrapponga la parola sacra alla descrizione di un glande arrossato. Per ritemprare lo spirito ho ripreso in mano l’attacco di All’alba dei sogni della Kleypas, un semplice bacio che fa venire le ginocchia molli. Aridateme Lisa!

venerdì 9 luglio 2010

PERCHE’ LEGGIAMO ROMANCE

Qualche tempo fa su IO DONNA, il femminile del Corriere della Sera, c’era una bella inchiesta su donne e lettura, i cui risultati erano almeno parzialmente scontati, ovvero che nel nostro paese si legge pochissimo, ma i pochi che lo fanno sono in maggioranza donne. Per noi lettrici non è affatto una novità, basta guardarsi attorno per strada o in metropolitana o sugli autobus: l’ottanta percento di chi legge è di sesso femminile, come chi affolla librerie e festival letterari. Nonostante questa realtà sia stata finalmente, ma faticosamente riconosciuta, molta strada rimane ancora da percorrere, infatti né qui né altrove ho trovato menzionato, se non fuggevolmente, quello che di fatto, cifre alla mano, è il genere più venduto nel mondo: il romance in tutte le sue declinazioni. Ufficialmente non esiste, è un fantasma letterario equiparabile, al massimo, a quei giornalacci con in copertina coppie vip beccate nude o in lascivi abbracci in qualche località esotica. Peggio ancora, se lo si legge bisogna risolutamente negare di farlo, pena l’ostracismo sociale. Bisogna vergognarsi e leggerlo di nascosto da mariti, compagni o fidanzati che magari aprono un solo libro all' anno ma sono prontissimi a darti della donnetta se ti trovano un romance in borsa. E non bisogna neppure fidarsi di amici e conoscenti, pronti a rivolgerti un sorrisetto di sprezzante superiorità non appena ti scoprono con un romanzo rosa in mano. L’editoria in quanto a snobismo segue l’ambiente intellettuale, e quella “robetta “ non la considerano nemmeno. D’altronde il romance è un genere destinato alle donne e prodotto dalle donne, le quali, si sa, contano e vengono prese meno in considerazione degli uomini. Ciononostante il romance vive e prospera sempre più, guadagnando pubblico e consensi anche dalla critica, perlomeno all’estero e invece di conoscere crisi si rafforza. Sarebbe forse interessante per gli uomini e gli editori conoscere quale siano la ragioni dietro ad un successo così straordinario e duraturo, anche perché molto rivelatore di sogni e desideri delle donne. Qualcuno, dispregiativamente, ha in passato definito il romance come pornografia per donne. Sebbene questo non sia corretto, il paragone di fondo non è ingiustificato: come la pornografia, che a noi donne piaccia o no, risponde ad un profondo bisogno maschile, così il romance risponde ad un profondo bisogno femminile. E come, incredibilmente, al giorno d’oggi la pornografia è rispettata e riconosciuta, tanto da essere addirittura definita arte in diversi ambiti, incluso quello letterario, sarebbe bello se il romance ricevesse lo stesso trattamento, invece che essere sempre considerato di livello inferiore e con esso le sue numerosissime lettrici. Le quali, per la cronaca, sono varie e variegate, e non quelle macchiette di casalinghe ignoranti e frustrate che a molti farebbe comodo dipingere. Tuttavia, quale che sia la loro professione, il loro stato civile o il loro grado di istruzione, le fanatiche del romance hanno in comune fantasie segrete e potenti, che resistono ai cambiamenti più radicali della società. Fantasie connaturate all’animo femminile che risultano simili ai quattro angoli del globo e che benché a volte inconfessabili, non sono per questo meno intense. Inizierò oggi ad elencarne alcune:

 
a) Le donne, sotto sotto amano i clichees e i ruoli chiari: che la donna faccia la donna e l’uomo l’uomo. Solo così esse trovano la loro giusta collocazione e la giusta direzione (leggi la conferma della loro femminilità) in un mondo che diventa sempre più confuso. Difatti non capiterà mai che l’eroe tradisca l’eroina con un uomo o con un travestito.

b) Non importa quanto emancipata e libertina una donna possa essere, nel suo cuore sogna sempre il principe azzurro, quell’uomo unico e insuperabile che la faccia sentire speciale, sicura e protetta da tutti e da tutto. La donna vuole essere dipendente a tutti gli effetti anche se in realtà non lo è e afferma di non volerlo essere. In verità vorrebbe un uomo che si sobbarcasse il peso enorme della vita quotidiana, che come è noto, ricade invece principalmente sulle donne. La donna vagheggia davvero di posare il capo sulla spalla forte del principe che si prenderà cura di lei e le risolverà tutto.

c) Il principe azzurro, oltre a proteggersi e a farsi carico della donna totalmente, ha anche un altro pregio, ovvero sceglie l’eroina e la eleva sopra tutte le altre donne e questo è fondamentale. Le donne sono molto competitive le une con le altre e passano la vita a confrontarsi e se necessario sbranarsi tra loro. Anziché rompere il circolo vizioso della competitività e dell’invidia e dedicarsi alla sorellanza, in cuor suo la donna gioisce nel primeggiare sulle altre attraverso l’eroe di turno e così facendo si sente realizzata.

d) Poiché in moltissimi casi le donne non hanno alcun potere effettivo, socialmente, intellettualmente e politicamente, l’unico ambito che rimane loro è quello affettivo: l’amore è il regno di cui loro sono sovrane e in cui trionfano sempre, non per nulla i romance han sempre un lieto fine. Al contrario della realtà in cui spessissimo, purtroppo, la fine è nera.

e) Le donne sono affamate di affetto. Non importano i progressi fatti, le donne hanno un autostima nettamente inferiore a quella maschile e sono sempre bisognose di continue rassicurazioni. Il romance fornisce un’enorme iniezione di fiducia, poiché i protagonisti maschili riempiono l’amata di complimenti e gratificazioni di ogni tipo e le inondano di un amore appassionato e perenne. Mentre gli uomini reali nemmeno notano se ti sei tagliata i capelli alla maschietta e li hai tinti di un colore diverso.
 

giovedì 1 luglio 2010

RECENSIONE IL LORD DEL MISTERO (To Love a Dark Lord) di Anne Stuart

Prima edizione: 1994 by Avon Books



Edito in Italia da: Mondadori, I Romanzi Emozioni no.17, maggio 2010

Ambientazione: Inghilterra/Irlanda 1775


Livello di sensualità: hot (bollente)


Voto/rating: 7,5/10



Immaginate un buio fitto, un’oscurità impenetrabile, ogni assenza di vita e di colore. Immaginate, se vi è possibile, il nulla. E se non ci riuscite, pensate a quanto di più vicino possibile a quelle tenebre esista. Ecco, questo è ciò che troverete dentro quel recipiente, chiamato incongruamente anima, di James Killoran. Le cose forse hanno un’anima, così come certamente l’hanno gli animali e molte persone, ma non tutte. James Killoran, a quanto pare, è fra queste ultime. Se mai avesse un'anima la venderebbe al diavolo, non tanto per vil denaro, quanto per provare qualcosa, oltre alla noia assoluta che lo attanaglia. Nessun eccesso o gozzoviglia riesce a strapparlo da questo torpore, così che quando casualmente, in una locanda, incontra una giovane che ha appena ucciso lo zio, se ne assume la colpa, non come gesto cavalleresco, ma per farsi due risate.

Emma Langolet bella e ricca ereditiera orfana, cresciuta con privazioni, rinunce e preghiere dal libidinoso zio e dalla severissima quanto avida cugina, non riesce a comprendere se deve sentirsi più turbata per aver tolto la vita allo zio, peraltro per legittima difesa dato che lui intendeva assassinarla onde impossessarsi della sua eredità, o per essere stata salvata da un gentiluomo splendido quanto chiaramente perfido e con tali assurde motivazioni. Forse Emma non è così buona come ritiene di essere, poiché il sangue che le macchia le mani non la sconvolge come dovrebbe e il suo senso di colpa è pressoché inesistente. Peggio ancora, dopo che Killoran le ha procurato un lavoro come governante, lei tenterà nuovamente di ammazzare un altro maschio in preda a raptus ormonale. Fortunatamente non ci riuscirà, ma Killoran verrà nuovamente in suo soccorso, questa volta chiedendole un congruo prezzo: divenire il mezzo attraverso il quale ottenere vendetta. Difatti oramai nella vita decadente e dissoluta di James non c’è nient’altro, né il sesso, né il potere o la ricchezza lo coinvolgono o lo emozionano, solo il desiderio di vendetta lo fa pulsare, avvolgendo come la carne di una donna innamorata. E ad essa è pronto a sacrificare tutto o quasi. Anche quel bocciolo delicatissimo e fragilissimo che è il legame con Emma, un regalo inatteso, e non voluto, del destino.



La trama di questo romanzo, come nello stile della Stuart, presenta diversi ed interessanti personaggi di contorno, benissimo tratteggiati e un intersecarsi di vicende primarie e secondarie, fino ad un finale decisamente più forte e convincente dell’inizio. Quasi nessuno è veramente innocente, però in compenso di cattivi e perfidi ce n’è a bizzeffe ed è questo il punto di forza del libro. Questo e Killoran, che da solo varrebbe la lettura. Un bastardo, infingardo, scellerato e infame come pochi. Insensibile, egoista, egocentrico, manipolatore e opportunista. Un eroe nero e torbido, che non si redimerà nemmeno alla fine. Un maschio che non vi chiederà scusa e che non ve ne risparmierà una. Che vi farà soffrire e vi sfrutterà per i suoi scopi, per poi abbandonarvi al vostro destino. Ma nel frattempo vi farà piangere e sospirare e gemere, nonché raggiungere l’estasi. Insomma, in poche parole, assolutamente meraviglioso. Killoran è al di là del male, in una specie di cono d’ombra dello spirito dove c’è l’assenza di tutto e il timore di nulla, ma anche dove la zona di luce è pericolosamente vicina. Su questo confine sottile gioca principalmente ed abilmente la Stuart, ovvero sul farci intravvedere che dopotutto Killoran non è totalmente malvagio e che potrebbe essere salvato dalla donna giusta. E noi, come la povera Emma, tiriamo fuori dall’armadio la nostra divisa da crocerossina e ci buttiamo nell’impresa, convinte che sì, ce la faremo. Emma forse ce la farà, noi di certo no, purtroppo la lettura terminerà con la certezza che se questi uomini nella vita reale ci avrebbero già spinto ad atti inconsulti, tuttavia nella finzione risultano estremamente affascinanti. Nonostante la grande ed indubbia bravura della scrittrice, specie nei dialoghi, ed alcune scene davvero magiche (come la partita a carte), i meriti del romanzo a mio avviso terminano qui. La trama è piuttosto incredibile e forzata in diversi punti, situazioni e personaggi sembrano spesso schematici e tipici di un impianto romance di qualche tempo fa e soprattutto Emma non è assolutamente un’eroina degna di Killoran. E’ pur vero che Killoran sovrasta tutti di parecchie spanne, ma Emma risulta scialba, poco interessante e debole per stare alla pari con lui. Onestamente non mi è chiaro quali siano le qualità, tanto in positivo che in negativo, della giovane che dovrebbero indurre un tipo come Killoran a capitolare e ciò fa perdere parecchi punti al libro. Come anche il fatto che la Stuart ci ripeta come siano i personaggi, piuttosto che mostrarcelo. In conclusione un libro di atmosfera, poco rassicurante con un protagonista fenomenale, che da solo si meriterebbe un 12 come voto.

In coda a questa recensione vorrei dedicare due righe alla sospensione della collana Emozioni, di cui questo sarebbe quindi l’ultimo volume. Non conosciamo le ragioni che hanno portato a questa decisione, ma spero vivamente che la Mondadori ci ripensi e si accorga di aver preso un abbaglio. Per tutte noi questa collana è nata quest’estate con Simply Perfect di Mary Balogh e subito è stata amata quasi incondizionatamente dalle lettrici, nonostante la difficoltà di reperibilità. Grandi autrici, grandi romanzi in versione integrale, belle copertine, carta ed impaginazione raffinate. Ci avete fatto sognare, ci avete fatto sentire delle lettrici si serie A: non portateci via tutto questo.