giovedì 17 novembre 2011

RECENSIONE INNAMORARSI A MANHATTAN (Falling in love) di Kate Parker

Prima edizione: Leggereditore, novembre 2011

Formato: trade paperback

Traduzione di: Rebecca Traimonti

Ambientazione: contemporanea, USA

Genere: romance

Livello di sensualità: warm

Voto/rating: 8,5/10




Ogni volta che apriamo gli occhi, sappiamo che ci attende una giornata identica alla precedente. Pesante e faticosa come la precedente. Raramente allegra, quasi sempre perlomeno monotona. Prevedibile. I gesti uguali, le abitudini consolidate, i percorsi stabiliti, le alternative quasi inesistenti. Così, senza accorgercene, ci ritroviamo a guardare in alto, verso il cielo, in attesa di un fremito, di una sorpresa, di un imprevisto. Di un miracolo che ci strappi dal grigiore e illumini anche un’ora della nostra vita. Quasi mai riceviamo risposta alle nostre preghiere inespresse, dunque riabbassiamo il capo, sospiriamo e andiamo avanti.
Alice Irene Giuliani, non si aspetta più nulla, non osa sognare, teme di desiderare. E’ chiusa in una routine a cui si aggrappa come ad una stampella. Tuttavia, una parte di lei rifiuta questo letargo dell’anima autoimposto e attraverso un corso di recitazione cerca di esprimersi, liberarsi. Un mattina da Tiffany, vestita come Audrey Hepburn nel celeberrimo Colazione da Tiffany, per meglio calarsi nella parte che vorrebbe ottenere, l’inatteso accade. Alice incontra lo sguardo di uno sconosciuto e per un attimo il tempo si ferma. Il cuore in gola, i sensi all’erta, il sangue che pompa nelle vene, l’emozione che la travolge. Tutto e niente in un istante. Vorrebbe fuggire ma anche restare; sceglie la fuga, ma l’uomo la segue, tenace. La ferma, la convince a trascorrere qualche ora insieme, prima che un aereo lo riporti a casa. Ore rubate per un incontro senza senso, senza prospettive. Eppure sono ore intense, fatte di parole, di silenzi, di comprensione, di armonia, di eccitazione, di sfioramenti furtivi, di occhi che si cercano incessanti. Di due anime che davanti a un caffè e durante un tragitto in taxi verso l’aeroporto si sono denudate e incontrate. Dimenticare e tornare al solito tran tran, sarà durissimo e praticamente impossibile per Matìas e Alice, che nonostante le paure e le resistenze dovranno imparare ad accettare che  l’amore non conosce impedimenti e soprattutto confini, se non quelli assurdi che noi gli mettiamo.

Come per Alice l’incontro con Matìas, anche per me quello con questo libro è stata una vera sorpresa. Colpita da una copertina che rimandava alla splendida Audrey Hepburn, e da una quarta molto intrigante, ero però piuttosto diffidente. L’ultima volta che avevo acquistato un romanzo che prometteva una grande storia d’amore sullo sfondo di una città fantastica, mi ero ritrovata con una sonora fregatura. Inoltre penso di essere una delle poche persone al mondo a cui non piace particolarmente New York.  Dopo poche pagine avevo iniziato a storcere il naso: la protagonista era descritta come bellissima, per cui già vedevo una sfilza di cliché pronti a planare su carta in men che non si dica. Invece, ecco che subito ho dovuto ricredermi. L’inseguimento/incontro tra Mattìas e Alice è descritto benissimo: incalzante, delicato, sensuale. Le loro emozioni rese in maniera vivida e coinvolgente senza bisogno di lunghi dialoghi o situazioni complicate. Impossibile interrompere una lettura, nella quale se non ci sono sorprese, c’è il bellissimo e sentito percorso di un uomo e una donna che stanno cercando se stessi e che solo nel momento in cui si incrociano, trovano davvero il loro destino e la loro dimensione. Matìas è un professore universitario di storia medievale, che scrive anche gialli ambientati in quell’epoca, il quale per tutta la vita ha fatto ciò che gli altri si aspettavano da lui. Tenere tutto sotto stretto controllo lo rassicura  e nel contempo gli permette di tenere doma una passione i cui effetti dirompenti pensa di non saper contenere. Alice, d’altro canto, non si fida di se stessa né dei suoi sentimenti, che ritiene la rendano debole. E’ infelice e teme di divenirlo ancor di più, quindi anche lei a tutta prima respinge ciò che prova per Matìas.
Lontani col corpo, ma vicini col cuore, i due si ritroveranno pian piano, diversi e migliori, pronti a fondere le loro vite, il loro amore esploso come un fuoco di artificio, ma lievitato lentamente come del pane buono e nutriente.

Kate Parker è al suo primo libro, mi auguro che ne seguano parecchi altri perché ha uno stile molto efficace ed elegante, capace di cogliere il lato poetico delle cose senza scadere nel melodrammatico o nell’ovvio. Con una scrittura sorvegliata, delicata  e  concisa, penetra l’animo dei suoi personaggi (menzione particolare per la splendida nonna Lucille!) e rende lo spirito di una città, aperta sempre a tutto e tutti. Prende qualche spunto da Colazione da Tiffany ─ un paio di scene all’inizio e alla fine, la professione di scrittore di lui, quella di lei, infermiera pediatrica che ricorda l’impegno della Hepburn come ambasciatrice dell’Unicef ─ ma rielabora il tutto in maniera personale e convincente, senza debiti con altri.
Matìas è un eroe solido e forte, un uomo che sorprende se stesso e si mette in gioco, rischiando la reputazione con un libro sentimentale per riconquistare la donna che ha rapito la sua immaginazione e riempito di voglie e fantasie i suoi giorni. Non è un bastardo, non è uno psicopatico, ma un compagno pronto a stare al fianco della sua donna e renderla felice.
Alice è un’eroina che mi ha conquistata: inquieta, generosa, piena d’amore. Soffre per il passato che non può cambiare e per un futuro che crede di non poter avere. E soffre perché è sensibile, affrontare costantemente il dolore nei corpi e nello spirito dei suoi piccoli pazienti le scava dentro, la distrugge. Non riesce ad abituarsi, e noi con lei. Senza eccedere, ma con estremo tatto, la Parker ci ricorda che l’amore non è solo quello all’interno di una coppia, ma quello che ogni giorno siamo chiamati a dare a chi ci sta vicino, poiché senza di esso, forse proveremmo meno patimenti, però saremmo morti dentro. L’indifferenza uccide più del cancro.
 
Ho chiuso questo libro piena di rimpianto eppure colma di una sensazione di benessere e di calore, per una storia che mi ha catturata, mi ha fatto sognare, mi ha commossa. Perché non mi aspettavo che mi piacesse a tal punto. Perché è stato un vero e improvviso raggio di sole che ha squarciato le nubi scure. E perché di libri del genere, anche se non sono capolavori, ce ne è bisogno

Recensione GLI INGREDIENTI SEGRETI DELL’AMORE (Das lacheln der frauen) di Nicolas Barreau

Prima edizione: 2010 by Thiele Verlag

Edito in Italia da: Feltrinelli Editore, settembre 2011

Formato: trade paperback

Traduzione di: Monica Pesetti

Ambientazione: contemporanea, Francia
 

Genere: romance/chick lit

Livello di sensualità: just kisses

Voto/rating: 6/10
 
 
Per iniziativa della Feltrinelli, potete inviare delle ricette a questo indirizzo menudellamore@feltrinelli.it, le migliori compariranno in un ebook scaricabile gratuitamente da www.menudellamore.feltrinelli.it sito web dedicato al romanzo.
 
 Trama:  Le coincidenze non esistono. Aurélie Bredin ne è sicura. Giovane e attraente chef, gestisce il ristorante di famiglia, Le Temps des Cerises. È in quel piccolo angolo di Saint-Germain-des-Prés, grazie al suo famoso Menu d'Amour, che il padre della ragazza ha conquistato il cuore della sua futura moglie. Ed è sempre lì, circondata dal clangore di pentole e padelle e dal profumo di cibo e di spezie, che Aurélie è cresciuta, trovando conforto nei momenti più difficili della sua vita. Ma ultimamente, dopo una scottatura d’amore, neanche l’accogliente cucina della sua infanzia riesce più a consolarla. Un venerdì di novembre, più triste che mai, Aurélie si rifugia in una libreria dove si imbatte in un romanzo intitolato Il sorriso delle donne. Incuriosita, inizia a leggerlo: poche pagine dopo, scopre un passaggio in cui viene citato proprio il suo ristorante. Grata di quel regalo inatteso, Aurélie decide di contattare l'autore del libro per ringraziarlo. Ma l’impresa è tutt’altro che facile. Tutti i tentativi di conoscere l’elusivo scrittore - un misterioso inglese - vengono bloccati da Andrè, l’editor della casa editrice francese che pubblica il romanzo. Ma Aurélie non si lascia scoraggiare e, quando finalmente riuscirà nel suo intento, l'incontro sarà molto diverso da ciò che si era aspettata. Più romantico, e nient’affatto casuale.
 
 
Cosa rende un piatto indimenticabile? La presentazione accattivante studiata nei minimi particolari? L’aspetto attraente della pietanza proposta? L’odore inatteso e penetrante che attraverso le narici rapisce la mente sollecitando una reazione fisica? Oppure il momento in cui il cibo entra in contatto con lingua e palato scatenando una ridda di emozioni, sensazioni, ricordi? Quando il boccone diviene un’esperienza sensuale e spirituale al tempo stesso?
Probabilmente tutto questo, perché la cucina non è solo l’insieme dei vari ingredienti, bensì quell’inafferrabile magia che solo i grandi chef sanno produrre. E’ fantasia e passione ma anche tecnica e disciplina. Date la medesima ricetta a dieci persone e avrete dieci risultati diversi, di cui  solo un paio convincenti. La narrativa ha molto in comune con la cucina e per molti aspetti la stesura di un testo riproduce la creazione di una ricetta. L’imponderabile vi ha una grossa parte e a volte il prodotto risulta indigesto o mediocre. Dunque affrontare la lettura di un libro è un poco come affondare per la prima volta una posata in un piatto: da lì si distinguono i sapori presenti, la destrezza di chi li ha assemblati e cosa voleva trasmetterci.
Il mio primo assaggio de Gli ingredienti segreti dell’amore mi ha onestamente confusa, complice un’ottima e attenta campagna di marketing mi attendevo una passeggiata romantica e coinvolgente e mi sono ritrovata con tutt’altro. Già l’incontro con la protagonista mi ha fatto inarcare un sopracciglio: Aurelié Bredin fa spudoratamente rima con Amelié Poulain (in francese si pronunciano bredan e pulan), e il tema del destino che rifugge il caso è il filo conduttore del  celeberrimo film che la vede protagonista (consiglio a tutte di vederlo se ancora non l’avete fatto). Che l’autore intendesse ispirarvisi? Della toccante naivete di Ameliè però qui non vi è traccia, come nemmeno dell’intensa bellezza della immagini di Jeanne-Pierre Jeunet. Giunta al primo capitolo in cui parla André il quadro si è improvvisamente fatto chiaro, strappandomi un sorriso, parola scelta non a caso. La verità del resto non è celata, ma assolutamente dichiarata e sotto gli occhi di tutti.
A partire dal titolo e dalla trama.
Abbiamo questo scrittore, Nicolas Barreau (sempre che sia il suo vero nome e non uno pseudonimo come Robert Miller), il quale molto probabilmente è un editor o lo è stato, a giudicare dalla conoscenza di certe dinamiche dell’ambiente editoriale, la cui descrizione rappresenta non per nulla la parte più riuscita e veritiera del romanzo, e che vuole o deve sfornare un best seller.
E’ un cuoco, certamente non uno chef, e si mette di fronte alla dispensa per decidere quali sono gli elementi migliori da mescolare per raggiungere quante più persone possibile.
Attinge così a piene mani dal su menzionato Il favoloso mondo di Amelié ─ un’eroina dal cuore puro, che in segreto spasima per un giovane senza aver il coraggio di dichiararsi, un eroe che in realtà non vuole esserlo e che  all’inizio non si accorge di lei, un nutrito gruppo di comprimari divertenti e un poco assurdi, la poesia delle piccole cose quotidiane.
Vi unisce una Parigi da cartolina che nulla ha a che vedere con la città reale (niente banlieue qui, né alcuna traccia dei tanti cortei di protesta che attraversano gli Champs Elysées o della poca pulizia della capitale) ma che ricorda le commedie americane degli anni sessanta, che ritraevano non come il Paese fosse davvero, bensì l’immagine di sé che voleva proiettare nel mondo.
A contrasto mette una presa del cinismo delle case editrici, della stampa e dei media in generale, senza calcare la mano.
Aggiunge una manciata di tutti gli stereotipi sui francesi e sugli inglesi a partire dalle Gauloises, gli intellettuali nelle brasseriès, il self-control e il cattivo gusto, e un pizzico di chick-lit (magari guy-lit in questo caso?) per insaporire il tutto. Rimesta la pignatta, cuoce velocemente et voilà, la cena è servita.
Barreau inserisce tutti questi elementi in bella vista, senza nascondersi più di tanto, quasi a sfidare il pubblico a notarli, sicuro forse che come nel libro il pubblico non si accorge che Il sorriso delle donne nasce da una menzogna, non si accorgerà qui che il romanzo non è ciò che dice di essere.
Gli ingredienti segreti dell’amore è molto  scorrevole e si fa leggere gradevolmente, alternando con successo ad ogni capitolo le voci di Aurelié e André, tuttavia se quest’ultimo è tratteggiato discretamente, Aurelié rimane una figura pallida, complice anche il fatto che Barreau racconta molto e mostra poco. Evitando picchi di intensità e nodi emotivi, la storia procede senza scossoni o sorprese fino alla conclusione, i sapori decisi e intensi non fanno parte di questo menù.
C’è un piccolo colpo di coda nel finale, dove nella lettera di André ad Aurelié ho sentito finalmente un accenno di verità ed emozione.
La  copertina, che ci rimanda l’immagine di una giovane con biondi codini di rosso vestita ─ una ragazza e non la donna che Aurelié dovrebbe essere ─ è in realtà azzeccata, poiché i protagonisti più che trentenni sembrano adolescenti e il registro narrativo rimanda più a uno young adult che ad un libro per adulti.
E il titolo, vi chiederete voi, si è scordata del titolo? No, assolutamente, ebbene il titolo originale dell’opera è proprio Il sorriso delle donne, ovvero un successo progettato a tavolino da un editor che si finge uno scrittore straniero…